A Las Vegas noi di Sollevare ci siamo. Non per giocare a poker, certamente, ma per osservare attraverso la lente dell’America quello che potremmo realizzare in un mercato globale ancora tutto da conquistare; guardando con attenzione alla fiducia di chi investe come alle logiche di domanda per macchine e attrezzature. Siamo arrivati a Conexpo 2023 in una giornata piovosa e plumbea, metafora di quello che sta succedendo sui mercati finanziari, a causa (ancora una volta) dell’improvvida vigilanza sul comportamento delle banche (regionali, in questo caso, ma non dimentichiamo che la grande crisi del 2008 cominciò con il fallimento di un’istituto di credito locale, seguito dal crollo eclatante di Lehmann Brothers pochi mesi dopo). Anche l’immagine della fiera che ci si presenta, al primo sguardo, è quella di un grande corpo disorganico; ricco di forza e suggestioni, senza dubbio, ma con alcune criticità e incoerenze. Vediamole, dal vivo, in un percorso ragionato.
Lo spazio destinato ai protagonisti del sollevamento, a Conexpo 2023, si chiama Festival Lot ed è, purtroppo, un’area nuova ma remota, a nord-ovest del Las Vegas Convention Center, poco prima di Downtown. Per raggiungerla a piedi, dal primo ingresso della fiera – scendendo alla Boingo Station della Monorail – occorrono almeno 25 minuti a passo baldanzoso. A meno che non si scelga di approdare direttamente alla fermata del Sahara Hotel, senza alcuna intenzione di visitare altro di Conexpo 2023, per tutto il resto della giornata, se non il settore del sollevamento. Molte e giustificate le lamentele degli espositori – anche italiani, naturalmente, che hanno rimarcato anche la disposizione non proprio mirata dei propri stand in postazioni sacrificate o perimetrali, penalizzate dallo scarso passaggio di visitatori.
Ma parliamo delle prime suggestioni, invece. Lo sguardo preliminare ci fa capire subito come a un mondo diverso debbano corrispondere strategie diverse. Le costruzioni americane vivono di noleggio, si rivolgono in modo preponderante al noleggio, affidano le proprie esigenze di servizio al noleggio. Per questo motivo, il costruttore europeo che ha successo – quello italiano compreso – è quello che ha capito questa dinamica. Sottoscrivendo accordi di fiducia con i maggiori rental player a livello federale e regionale e investendo sulla presenza diretta in Usa, con filiali organizzate e reattive, nel personale come nella strategia di gestione.
“Ci chiedono macchine a misura di un mondo delle costruzioni dove le realizzazioni residenziali fanno la parte del leone, ma con importanti sortite nelle revisioni infrastrutturali, soprattutto a livello di ferrovie, strade e ponti – rileva Riccardo Magni, presidente e fondatore di Magni TH, che incontriamo di prima mattina, nell’attesa di molti incontri proficui che contraddistingueranno la giornata – La sostenibilità? Certo, è importante, se abbinata all’efficienza delle soluzioni. La tecnologia deve essere realistica, innanzitutto, e se diciamo agli operatori del settore, qui in Usa, che ci attende un mondo di macchine elettriche, nessuno ci crede”.
Alle macchine elettriche ci crono invece – e tanto – alcune aziende che si occupano di segmenti industriali specifici. Ma l’esperienza e la qualità tecnologica delle gru Pick & Carry di Ormig sono una garanzia almeno da due decenni per il mercato americano del costruttore di Ovada. Come ci conferma Gian Paolo Aschero, Export Manager ed erede della glorioso azienda di famiglia fondata da Guido Testore: “Ormai sappiamo di quali macchine ha bisogno l’operatore americano e nel mercato Usa ci muoviamo con una certa familiarità. Merito del fatto che ci siamo andati presto, senza timori, studiandone le opportunità e le esigenze. La nostra gru elettrica da 100 ton è un altro punto di arrivo, anche oltreoceano, e il segreto di un mercato vincente si conferma sempre lo stesso. Anticipare le richieste del cliente, guardando a quello che fa e che potrebbe fare. Senza presunzione ma con scrupolo e basandosi sull’esperienza”.