Italo Barin ci ha lasciato, con un commiato leggero e silenzioso. Noi, che abbiamo il privilegio di averlo conosciuto, salutiamo un capitolo della nostra vita in cui abbiamo potuto ascoltare la sua voce e capire il significato profondo di valori umani che attingono al coraggio, alla creatività, al desiderio di realizzare se stessi. E alla dolcezza, certamente, perché Italo Barin era un uomo capace di commuoversi al ricordo, di sorridere e conquistare l’interlocutore con il cuore di chi non ha tormenti, né rancori, né rimpianti da scontare.
Nel 2011, grazie alla lunga amicizia con Fabio Potestà, mi fu affidata la scrittura della biografia di Italo Barin e della storia incredibile che portò alla nascita della sua azienda, la Barin di Cittadella – oggi leader mondiale delle macchine sottoponte per l’ispezione di viadotti e strutture sospese. Passai con Italo e con la sua famiglia – il figlio Pierpaolo, e poi Romeo Bagliolid, storico braccio destro e direttore commerciale, l’amatissima sorella Maria e molti altri – alcuni momenti autentici e indimenticabili. Soprattutto, nelle lunghe conversazioni con Italo Barin, ho attinto una lezione straordinaria sul significato del vivere pienamente, senza risparmio, con generosità infinita. Era venuto al mondo in una famiglia colpita dalla scomparsa prematura del padre, lasciandolo orfano a soli 10 mesi, con il solo sostegno tenace della madre Norma (che ricorderà sempre con immensa riconoscenza). Poi il lavoro, in giovanissima età – come apprendista alla Isoli di Fontaniva – la scuola serale frequentata con caparbietà a Vicenza, per diventare perito meccanico. E l’avventura che lo aspettava in Africa, in Liberia, alle dipendenze della Vianini, come capomeccanico responsabile delle riparazioni dei mezzi al lavoro nella costruzione delle strade e delle infrastrutture di servizio alle cave e alle miniere.
Le parole di Italo scorrevano semplici e pure, in quelle mattinate di racconto. Si parlava naturalmente dei successi – che arrivarono presto – prima con l’impresa di Fontaniva che costituì un’avanguardia autentica nel mondo della prefabbricazione (con macchine rivoluzionarie, ideate e progettate dallo stesso fondatore); in seguito, dalla fine degli anni Settanta, con la “rifondazione” della Barin nella nuova fase produttiva dedicata alle macchine sottoponte – modelli di piattaforme autocarrate “a passerella” che rivoluzioneranno definitivamente l’ispezione in quota di ponti e viadotti. Ma il cuore di Italo tornava sempre alla gioventù, all’Africa che tanto aveva amato, alla fatica sorridente – compagna e consolatrice dei tanti sacrifici già affrontati con gioia e abnegazione. “Volevo arrivare da qualche parte, andare lontano – mi disse, in una delle nostre lunghe interviste – Mentre mi trovavo su una collina, in Liberia, di notte, a sorvegliare le macchine, ero così felice che mi sedetti a parlare con la guardia indigena che mi avevano affidato per la mia protezione. Parlavo il dialetto veneto e lui mi rispondeva nella sua lingua. Ci capivamo lo stesso, perché era come se fossero le nostre anime a parlare per noi”. Quanto ci mancherai, carissimo Italo. Ricordati sempre di tutti noi e guardaci, qualche volta, da quel ponte siderale che qualcuno ha costruito perché tu possa sorvegliare quel mondo che hai tanto amato.
Fabio Potestà, Alberto Finotto, la redazione di Sollevare e lo staff di Mediapoint & Exhibitions sono vicini alla famiglia nel saluto di commiato al Cavalier Italo Barin, imprenditore geniale e amico indimenticabile
(Il rito funebre per Italo Barin si svolgerà domani, venerdì 3 maggio, alle ore 10, nel Duomo di Fontaniva)