Non si tratta di un semplice ingresso d’ausilio, ma di una marcia verso il futuro. L’ex Ilva di Taranto, d’intesa con il colosso ArcelorMittal, torna nell’arcipelago del controllo statale. L’accordo tra la stessa ArcelorMIttal e Invitalia – l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, costituita come società per azioni e partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – prevede un aumento di capitale di AmInvest Co. Italy Spa per 400 milioni di Euro che concederà a Invitalia il 50% dei diritti di voto della società. A maggio del 2022 è programmato un secondo aumento di capitale – fino a 680 milioni sottoscritti da Invitalia e fino a 70 milioni da parte di ArcelorMittal – che porterà, a conclusione dell’operazione complessiva, l’azionariato di maggioranza nella mani della stessa Invitalia con il 60% del capitale.
L’accordo fra ArcelorMittal e Invitalia prevede “un articolato piano di investimenti ambientali e industriali – si legge nella nota del Mef, e sarà “avviato il processo di decarbonizzazione dello stabilimento, con l’attivazione di un forno elettrico capace di produrre fino a 2,6 milioni di tonnellate l’anno“. Inutile dire che la notizia non può che creare un forte punto di interesse nel mondo industriale del sollevamento italiano (pensiamo soprattutto all’ambito dei carriponte e delle gru a portale per uso logistico e di processo in genere). Lo Stato imprenditore torna nella gestione del polo siderurgico più grande d’Europa, oltreché del complesso degli impianti che il gruppo possiede in Italia.
Il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri e dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, hanno espresso soddisfazione per un’intesa che ricollocherà completamente circa 10.700 lavoratori, inaugurando il un piano di decarbonizzazione già menzionato attraverso l’avvio della produzione di acciaio con processi meno inquinanti. È prevista la creazione di una nuova linea di produzione esterna al perimetro aziendale (DRI) e del già menzionato forno elettrico interno allo stabilimento che a regime potrà realizzare 2,6 milioni di tonnellate annue di prodotto (“Un terzo della produzione di acciaio – come ricorda ancora la nota ufficiale Mef e Mise – avverrà con emissioni ridotte, grazie all’utilizzo del forno elettrico e di una tecnologia d’avanguardia, il cosiddetto ‘preridotto’, in coerenza con le linee guida del Next Generation EU. La riduzione dell’inquinamento realizzabile con questa tecnologia è infatti del 93% a regime per l’ossido di zolfo, del 90% per la diossina, del 78% per le polveri sottili e per la CO2″.
La governance del nuovo gruppo a partecipazione statale dovrebbe essere inizialmente paritaria con presidente e amministratore delegato espressi l’uno da Invitalia e l’altro da ArcelorMittal. Altro punto importante: la revoca dei sequestri. Le condizioni sospensive al closing dell’ingresso di Invitalia in AmInvest Co., comprendono, secondo una comunicazione di ArcelorMittal “la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale, la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto e l’assenza di misure restrittive, nell’ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata nei confronti di AmInvest Co”.