Una contrazione dell’occupazione di 197.000 posti di lavori con conseguente mancato contributo IRPEF, 2.000 flotte del trasporto merci che hanno cessato l’attività, una perdita di introito per le casse dello Stato pari a 10 miliardi di euro perduti dalle accise sui carburanti, 420 milioni di mancati introiti di IRAP, un calo delle immatricolazioni dei veicoli di massa totale complessiva superiore alle 3,5 t pari a 5.200 unità all’anno dal 2008. Sono questi i numeri della Caporetto italiana dell’autotrasporto. Una vera e propria strage di posti di lavoro che non accenna a fermarsi. Ne il Governo accenna a correre in aiuto di uno dei tre settori, insieme ad agroalimentare ed edilizia, che un tempo almeno erano le locomotive del Paese.
LE CAUSE DELLA STRAGE
Non si tratta solo di crisi. C’è molto di più. Il costo del lavoro, per esempio: in Italia è pari a 60.000 euro all’anno per ogni autista contro i 40.000 dell’Ovest Europa e i 26.000 dell’Europa dell’Est pari al 48% in più rispetto alla media europea. Altro motivo è la pressione fiscale, la seconda voce a pesare sui conti delle imprese di autotrasporto italiane che raggiunge il 66% contro il 36% della media europea. Un altro motivo che ha portato le aziende italiane del comparto a delocalizzare è la difficoltà burocratica in termini di tempo per l’ottenimento di permessi, autorizzazioni, procedure per richiedere rimborsi che pesano il 56%.
Questo in pochi tratti il quadro del settore dell’autotrasporto italiano, emerso da un’indagine condotta per conto di UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Veicoli Esteri) sull’esodo delle imprese della filiera dall’Italia e il conseguente impatto per l’economia del Paese, riferita ad un periodo di 5 anni (2008-2013).
“Sono dati sconcertanti che scoraggerebbero chiunque a mantenere la propria attività in Italia” ha dichiarato Thomas Baumgartner, Presidente di ANITA. “Eppure molte imprese di autotrasporto e logistica continuano a credere in questo Paese e a svolgere qui la propria attività sopravvivendo alla crisi economica. È tempo che il governo dia delle risposte alle imprese di autotrasporto, un settore trainante per l’economia italiana, e che dia seguito a tutte quelle misure che da tempo sono state portate all’attenzione del legislatore necessarie a contrastare il fenomeno del dumping sociale, ad abbassare la pressione fiscale e il costo del lavoro per il rilancio dell’occupazione, anche considerando la possibilità di inserire il doppio registro che si tradurrebbe in un’uniformazione delle regole relative alle imposte e ai contributi per gli autisti che effettuano trasporti internazionali”.